CITTÁ DEL MESSICO - Da circa cinque anni sono istruttore in uno dei progetti Inter Campus dedicato a bambini e bambine di etnia Triqui. Si tratta di una popolazione indigena che vive in un quartiere disagiato di Città del Messico, luogo in cui sono nato e cresciuto.
Quando gli amici di Inter Campus mi hanno proposto di prendere parte ad una loro visita di formazione in Chiapas, mai avrei pensato che questa esperienza sarebbe stata una delle migliori della mia vita.
Dopo un lungo viaggio siamo giunti al Caracol IV de Torbellino de Nuestras Palabras, territorio autonomo zapatista della regione di Morelia. Siamo stati ricevuti dalla Giunta di Buon Governo e dalla Commissione dell'Educazione, alle quali abbiamo presentato i dettagli e gli obiettivi della nostra missione Inter Campus. Solo in quel momento ci hanno indicato il luogo dove avremmo tenuto il corso di formazione nei giorni successivi.
Accompagnati da alcuni compas della Giunta e della Commissione, dopo un buon piatto di riso e fagioli, siamo partiti per raggiungere la scuola secondaria Tierra. Alla scuola ci attendevano 130 bambini e bambine e una cinquantina di educatori. Subito dopo le presentazioni abbiamo distrubuito le divise nerazzurre e organizzato un torneo ricreativo.
È cominciata così la formazione di alunni ed educatori, con la metodologia che io stesso ho appreso dai tecnici di Inter Campus e che da quel momento ho avuto il privilegio di condividere con i compagni zapatisti.
Siamo andati a dormire presto quella sera e, nonostante le condizioni di alloggio non fossero quelle agiate a cui siamo abituati, siamo riusciti a riposarci felici, godendo della semplicità della vita.
Si sono svolti tre fantastici giorni di corso teorico ed allenamenti sul campo, a partire dalle 6 del mattino. Il caldo torrido delle giornate complicava lo svolgimento delle sessioni. Per rinfrescarci niente di meglio di un bagno nel fiume Tzoconeja, un luogo fantastico che mi ha permesso di sognare e riflettere sulla situazione che vivono le popolazioni indigene zapatiste. Dopo la teoria con gli educatori locali, finalmente una cena a base di pane e caffè.
Questa magnifica esperienza, che mi ha arricchito come persona, grazie anche ai valori di questo popolo, si è conclusa in maniera inattesa. D'improvviso è comparsa una processione di indigeni zapatisti anziani. Abbiamo assistito alla celebrazione della festa della semina del mais, alimento fondamentale per la sopravvivenza degli abitanti del Chiapas. L'atmosfera è diventata solenne quando, all'interno della piccola chiesa, gli anziani hanno riposto omaggi, con l'auspicio che la semina desse buoni frutti. La chiesa era colma di bambini in nerazzurro, adulti e anziani. Tutti pregavano in piedi, ballando lentamente sul posto.
Adancito Bravo Rosales
da www.inter.it/it/news/68605
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