sabato 14 novembre 2015

Comunicato per Alessio, giù le mani dagli antirazzisti e dal calcio popolare!

Da poche ore ci è arrivata la notizia dell'arresto ad Ancona dell'amico, compagno e fratello Alessio Abram.
Alessio da sempre è impegnato nel sociale e in politica. Dedica il suo tempo per costruire un mondo migliore. Lo fa soprattutto attraverso l'attività sportiva pensata e praticata con valori fondamentali per la crescita delle persone: solidarietà, cooperazione, condivisione e antirazzismo.
Lo fa e lo ha fatto anche vivendo e attraversando i nostri spazi e le nostre (sue) lotte. Presente con noi in Chiapas al fianco degli zapatisti, presente nel periodo che ha vissuto a Bologna ad ogni iniziativa e corteo contro i razzismi. Sempre in prima linea contro l'apertura dei CIE. 
Ci ha aiutato nella progettazione e realizzazione di quella che è l'attuale palestra popolare Tpo.
La Polisportiva Assata Shakur, da lui fortemente pensata e voluta, è stata la prima in Italia a ridiscutere lo sport e a battersi affinché quest'ultimo iniziasse ad essere accessibile a tutt@, adulti e bambini.

Importantissimo e di valore assoluto è il progetto "Ancona Respect", scuola calcio che nasce con l'idea di inclusione sociale e accoglienza degna nella quale Alessio svolge un ruolo fondamentale.

Siamo sconvolti dall'accanimento nei confronti di una persona sincera, solidale e generosa.
Siamo vicini e tutta la nostra solidarietà va ad Alessio, alla sua compagna, ai suoi figli e tutta la Polisportiva antirazzista Assata Shakur Ancona 2001 "Konlassata".
Alessio libero. Giù le mani dai compagni!

Tpo
Làbas
Palestra Popolare Tpo
Hic Sunt Leones Football Antirazzista
Ass. Ya Basta! Bologna
Polisportiva Autside Rimini
Casa Madiba Network
Lab Aq 16
Casa Bettola
Ass. Città Migrante

venerdì 13 novembre 2015

A CENA (di pesce) CON AUTSIDE SOCIAL FOOTBALL

Venerdì 27 Novembre 2015 alle ore 20:00 
presso la coop. Punto Verde in via Pascoli 198 
Rimini 
...A CENA (di pesce) CON AUTSIDE SOCIAL FOOTBALL!




MENÙ
Antipasto:  ALICI MARINATE
Primo:  PENNETTE CON CANOCCHIE
Secondo (la grigliata alla Riminese:) SARDONCINI E TRIGLIE ARROSTO
Contorno: INSALATA CON CIPOLLOLLOTTO
PIADÈINA RIMNÈSA
Sangiovese a fiumi
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Vieni a conoscere e supportare le attività della Polisportiva popolare AutSide.
Per info chiamare o inviare sms a:

3482834257 (Federico)

3283793917 (Roberto)
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AMA LO SPORT ODIA IL RAZZISMO
NB: dedichiamo la cena al nostro fratello Alessio Abram della Polisportiva Assata Shakur incarcerato recementemente nella sua amata Ancona.
La Polisportiva Assata Shakur, da lui fortemente pensata e voluta, è stata la prima in Italia a ridiscutere lo sport e a battersi affinché quest'ultimo iniziasse ad essere accessibile a tutt@, adulti e bambini.

mercoledì 4 novembre 2015

Yakub, uno dei nostri fratelli dell' Hic Sunt Leones Football Antirazzista

Questa è la storia di Yakub, uno dei nostri fratelli dell' Hic Sunt Leones Football Antirazzista di Bologna. La storia di Yakub è la storia di tanti nostri compagni ed ex compagni di squadra e ci dimostra come attraverso lo sport si possano tessere relazioni fondamentali per la vita di ogni persona. Il calcio non è solo business. Sosteniamo lo sport popolare!


"Mi chiamo Yakub Doud Kamis e sono nato in Costa D’Avorio il 7 luglio 1992, ma è stato quando mi sono trasferito in Mali con la mia famiglia che ho iniziato per la prima volta a giocare a calcio.
Avevo 8 anni quando con gli amici ho iniziato a fare le prime esperienze: ci incontravamo sotto casa tutti i pomeriggi e andavamo insieme a giocare in strada. All’inizio non avevamo un pallone e ne avevamo costruito uno con un mucchio di calze arrotolate tra loro, giocando sulla sabbia anche quel pallone di emergenza funzionava a dovere, ma dopo un po’ abbiamo deciso di fare una colletta per comprare un vero pallone e abbiamo iniziato a organizzarci tra di noi per fare dei tornei.
All’inizio si trattava solo di un passatempo, ma quando a 14 anni mi sono dovuto trasferire in Ghana, ho trovato una squadra con la quale ho giocato per due anni. È stato allora che ho capito quanto mi stessi appassionando al calcio: ci riunivamo tutti i pomeriggi per vedere le partite in televisione in alcuni locali.
Quando ho compiuto 18 anni ho deciso di andare in Libia con mio cugino che stava partendo per lavorare a Tripoli, lì il ritmo di lavoro era più intenso ma trovavo sempre il modo di giocare nelle ore libere: l’azienda per la quale lavoravo ci aveva messo a disposizione uno spazio in cui organizzare le partite. Andavo a giocare lì con i colleghi tutti i pomeriggi e il venerdì, che in Libia è un giorno festivo, ci organizzavamo con dei grandi tornei di calcio che duravano tutta la giornata.
Nel 2011, quando in Libia è scoppiata la guerra, dovevo decidere se tornare a casa e un amico che stava per partire per l’Italia mi ha proposto di andare con lui e ho deciso di tentare la fortuna. Sono arrivato a Lampedusa il 9 aprile e da lì sono stato subito trasferito a Bologna. All’inizio la vita in Italia non è stata facilissima: dovevo imparare la lingua, ottenere i documenti e ambientarmi a un nuovo modo di vivere. In questa situazione il calcio è stata una delle cose che mi hanno aiutato di più a inserirmi e ad apprezzare la mia nuova vita in Italia.
Si può dire che è stata una questione di fortuna: dopo qualche mese dal mio arrivo ho iniziato a frequentare la scuola di italiano del TPO di Bologna, centro sociale estremamente attivo in città e che offre da anni molti progetti di integrazione culturale e di sostegno ai migranti. Inoltre, il TPO ha una squadra di calcio, così ho iniziato la mia esperienza con gli Hic Sunt Leones: feci con loro un primo torneo e da allora sono sempre rimasto nella squadra.
Non avrei potuto essere più fortunato, la mia squadra mi ha aiutato sotto tutti i punti di vista, ho trovato delle persone che mi hanno accolto e uno spirito di gruppo incredibile che non si trova ovunque. Penso che un episodio in particolare possa descrivere il calore e l’altruismo di tutto il gruppo degli Hic Sunt Leones: nel 2014 mia madre è morta in Mali e io non avevo abbastanza soldi per fare un biglietto e andare al suo funerale e a vedere la mia famiglia, che non incontravo da quando ero partito: sono stati i miei compagni a fare una colletta e a regalarmi il biglietto perché io potessi andare. È un gesto che non dimenticherò mai e che ha significato tantissimo per me, e che ancora adesso mi fa pensare che il calcio e lo sport in generale serva non solo a praticare attività fisica ma soprattutto a costruire dei rapporti e uno spirito di gruppo che va oltre qualunque differenza culturale e che può aiutare concretamente le persone nel proprio sviluppo di vita."

GRAZIE Yakub per la tua testimonianza!